Vincenzo Pagliuca
Nato a Broni (Pavia) nel 1980. La sua ricerca artistica si rivolge al territorio ed ai segni dell’agire umano su di esso. Con particolari luoghi, dotati di un forte valore simbolico, crea connessioni che coltiva nel tempo, dialoghi a lungo termine da cui scaturiscono visioni fortemente interiorizzate di paesaggi ed architetture.
I suoi lavori sono stati esposti in musei e festival come: il Copenhagen Photo Festival, il Darmstädter Tage der Fotografie, il Centro Italiano della Fotografia d’Autore (Bibbiena), il Museo Arcos (Benevento), la Galleria del Cembalo (Roma), Villa Pignatelli – Casa della Fotografia ed il museo MADRE (Napoli), l’Ulster Museum (Belfast). Dal 2015 al 2017 è stato membro del Lab \ per un laboratorio irregolare creato da Antonio Biasiucci. Nel 2020 la casa editrice The Velvet Cell pubblica il suo primo libro dal titolo ‘Napoli Nord • Case Rom’.
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"Mònos"
Vincenzo Pagliuca ha realizzato la sua ricerca con una Mamiya 7, usando il colore e un’ottica fissa, setacciando tutto l’Appennino meridionale, dal basso Lazio all’Aspromonte, cercando e realizzando gli scatti in condizioni di luce precisa, fotografando nei mesi invernali e prima del sorgere del sole.
Al centro dell’immagine, nel processo di costruzione essenziale, le case isolate, per alcuni versi attrattori metafisici, immerse nel contesto naturale. Quelle case dei margini, spesso costruite senza nessuna ambizione, se non quella di occupare o presenziare lo spazio della natura ai bordi, architetture casuali, alle quali la fotografia restituisce relazioni, dimensioni, equilibrio. La ricerca visiva è sistematica e seriale, disegna una geografia meridionale rigorosa e compositamente controllata che evoca la progettazione della scuola tedesca.
Le sculture dell’uomo comune raccolgono segni e geometrie, aprono alla soggettività e all’amplificazione mentale, condizione paesaggistica che riflette un paesaggio topografico interiore. Il cemento dialoga con la terra, i mattoni e le lamiere interagiscono con gli alberi e l’erba, le tegole e le finestre parlano con cieli ancora stinti, le geometrie delle case si integrano alle linee difficilmente controllabili della natura. Queste case, nello sguardo prolungato e dialettico, l’una dopo l’altra, l’una insieme all’altra, sono il luogo del raccoglimento e del sogno, il set di un b-movie che alimenta la possibilità di comprendere lo spazio e definire, pensare, visionare la complessità dell’uomo e di un territorio a lui proprio.