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Valeria Laureano

Nata a Napoli nel 1989.

Ha conseguito la laurea alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere con indirizzo Discipline delle Arti Visive, della Musica e dello Spettacolo presso l’Università degli Studi di Salerno. (2011)

Trasferita a Roma ha frequentato un Master triennale presso la Scuola Romana di Fotografia. (2011 – 2014)

L’interesse per la realizzazione di progetti personali e ricerche autoriali è diventato sempre più forte nel corso del suo periodo di formazione.

I suoi recenti lavori ruotano attorno al ricordo e alla riscoperta di una memoria perduta.

Rientrata a Napoli nel 2017, ha iniziato a lavorare con lo spazio espositivo Magazzini Fotografici in qualità di coordinatrice e fotografa. Nello stesso anno espone il progetto Apice al CIEE, San Paolo, Brasil.

Dal 2018, insieme ad altri artisti, segue la ricerca visiva di Body Island Project in qualità di fotografa per la creazione e la scrittura di performances e mostre itineranti sul tema del rapporto tra l’uomo e l’isola. 

Il concetto di corpo nell’arte è diventato anche il perno centrale di un suo progetto personale ispirato alla mostra di Robert Mapplethorpe, “Coreografia per una mostra”, ospitata dal Museo Madre e inaugurata a dicembre 2018. Il lavoro, tuttora in fase di elaborazione, è parte del laboratorio fotografico ideato dal Museo Madre in collaborazione con Magazzini Fotografici.

Nel 2019 ha creato insieme a Roberta Fuorvia il laboratorio Photo Words Lab, laboratorio di Scrittura e fotografia.

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valerialaureano.com

"Amalìa"

conturbante agg. [part. pres. di conturbare]. – Eccitante, provocante; che suscita interiore turbamento, risvegliando inquietudini e stati d’animo fortemente emozionali. […]

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Scriveva Roland Barthes che ciò che si può definire, non arriva mai a pungere realmente; è invece l’impossibilità di definire che diventa un buon sintomo di turbamento. 

Nelle fotografie di Valeria Laureano emerge questo intrinseco dualismo tra la circoscrizione di un fenomeno e il fascino dato dall’impossibilità di comprenderlo fino in fondo, assunto che vale per la mente umana – sezionata in ogni studio possibile, eppur ancor così sfuggente –, così come per la stessa figura femminile, chiamata a incarnare tanti ruoli diversi – da angelo del focolare a diavolo seduttore – e pertanto difficilmente imbrigliabile in una definizione univoca. In queste fotografie, dove la suggestione originaria della storia della serial killer nota come saponificatrice di Correggio si riconosce nelle atmosfere cupe e nel ricorrere di frammenti corporei, si respira un’aria torbida, accentuata da interni decadenti e figure misteriose. 

Inquietanti e inquiete, le donne che appaiono in queste immagini sono potenzialmente artefici e vittime di sortilegi; ogni soggetto oscilla tra una dimensione attiva e passiva: incantatore e incantato, seducente e sedotto, fluttuazione che arriva a interessare anche gli oggetti, gli interni, i paesaggi. 

Il filo del racconto si perde in possibili microstorie che hanno come fil rouge comune l’invito a lasciarsi ammaliare, sedurre, stregare, in una contrazione continua tra l’attraente e il respingente.

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Estratto dal testo critico LAB03: tra parole e immagini di Alessandra Troncone

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