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Maurizio Esposito

Maurizio Esposito nasce a Napoli nel 1982 dove vive e lavora tuttora. Laureato in lettere moderne, nel 2014 conclude un dottorato di ricerca con una tesi sulle donne fotografe nel panorama contemporaneo. Dopo aver lavorato per diversi anni con artisti come Raffaela Mariniello, Luciano Romano, Armin Linke e Johanna Diehl, nel 2012 si reca presso l’ICP dove segue Saul Robins, nel laboratorio Regarding intimacy. Negli ultimi anni ha esposto i suoi lavori in diverse mostre e musei, tra cui: il museo d’arte contemporanea di Napoli MADRE (2011), la Fondazione Forma per la fotografia di Milano (2011), al Centro di fotografia d’Autore di Bibbiena (2012), risultando tra i vincitori della terza biennale dei giovani fotografi italiani, alla triennale d’architettura di Milano (2012). attualmente impegnato nel Lab di Antonio Biasiucci.

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maurizioesposito.com

"Forse un mattino"

Maurizio Esposito, ricercatore attivo anche nel mondo del sociale, ha usato un apparecchio dalla gestione lenta, un Hasselblad dal dorso a pellicola. Una poesia di Eugenio Montale sullo sfondo – Forse un mattino andando in un’aria di vetro –, insieme a una visione che fonde immaginario e tracce soggettive, proiettano sullo schermo una sorta di teatro della memoria, elegiaco e delicatissimo.

Forse un mattino esplora il rapporto tra occhio, soggetti ritratti e ambiente percepito, racconta l’esperienza di vita dell’autore, le sue domande sul reale e sulle relazioni vitali, lasciando la parola a chi guarda. I luoghi dove ha posato lo sguardo rappresentano gli spazi dell’anima, una geografia dell’intimo, inevitabilmente il Sud, da Napoli fino al Marocco. E poi Mantova, le Dolomiti o qualsiasi luogo dove le relazioni, le connessioni affettive, spingono ad arrivare. In primo piano uomini e donne rivolte al paesaggio, spalle parlanti e in dialogo con lo spazio, con quell’ambiente che è un prolungamento sensoriale dell’anima. La scelta di Esposito ricade sui ritratti degli amici, portando a scartare le immagini degli attori. L’anima di spalle apre lo sguardo, come per La serie delle centotrenta figure di spalle di Marialba Russo. Ogni immagine è una piccola scatola ottica, guidata appunto da postura, tratti fisici, abiti di uomini e donne che guardano innanzi, negandosi all’obiettivo. Sono protagonisti del viaggio nel tempo e nello spazio, dilatano sottilmente la scena, strappano lo schermo, rompendo e amplificando l’effetto trompe l’oeil. Avviano il trasporto nell’inganno consueto, ponendo domande

ai sensi dello spettatore.

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