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Ivana Fabbricino

Nata a Napoli nel 1986. In parallelo agli studi in Architettura, si dedica alla fotografia come mezzo principale di espressione. Nel 2014 frequenta una masterclass con il foto-reporter napoletano Mario Spada, avvicinandosi, in un primo momento, alla fotografia di reportage. Con lui partecipa al workshop 'Sangue della Madonna' sulla processione della Madonna dell'Arco a Napoli. Nel 2015 viene selezionata per entrare a far parte della seconda edizione del Laboratorio Irregolare di Antonio Biasiucci. Qui produce 'Inverso', un progetto di ricerca personale incentrato sull'autoritratto in cui focalizza l'attenzione sulla percezione del sé e sulla ricerca dell'identità attraverso il corpo performativo. Nel 2017 'Inverso' viene esibito con una mostra collettiva del Laboratorio, 'Epifanie', presso lo SMMAVE Centro per l'Arte Contemporanea a Napoli, alla Galleria del Cembalo di Roma, al Festival dell'Erranza di Piedimonte Matese ed al Museo Arcos di Benevento. Tutte le mostre sono state curate da Antonio Biasiucci e sotto il matronato del MADRE- Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina. Nel 2016 una sua foto è entrata a far parte della collezione di Luciano Benetton per Imago Mundi Collection, un progetto che riunisce artisti di tutto il mondo ed è stata esposta allo Spazio Zac di Palermo e al Museo MADRE di Napoli. Tra il 2016 e il 2017 è stata assistente della fotografa napoletana Vera Maone. Attualmente si dedica a lavori di ricerca personale e su incarico. Vive e lavora a Napoli.
Contact: e-mail: ivanafabbricino@yahoo.it
web site: ivanafabbricino.tumblr.com

"Inverso"

Ivana Fabbricino, architetto con una lunga formazione visiva di base, si è ancorata al laboratorio, trovando un mentore e avviando un lavoro introspettivo e paziente. Il set è una sala posa sporca, volutamente trascurata, uno spazio fisicamente e fotograficamente claustrofobico. Soli protagonisti della fotografia il corpo, gli oggetti, lo stativo ed un faro. Fabbricino lavora sull’autoritratto, con tutte le difficoltà di fotografare se stessi, mettendo in discussione la percezione del sé e dell’immagine. La luce teatrale e di taglio rende il corpo materico, plastico, ironizza e drammatizza a un tempo. L’immagine diventa sempre più scarna, nel fuoco il corpo con le sue possibili configurazioni, in grado di accogliere prolungamenti artificiali, a turno, parrucche, un vestito di seta, un paio di scarpe con i tacchi. Diametralmente opposto all’immaginario femminile concepito dagli uomini, il lavoro elabora un processo di liberazione dalle sovrastrutture mentali e sociali, attingendo alla tradizione di indagine performativa e autoritrattistica, da una parte alla sperimentazione di Pina Bausch, dall’altra alla produzione di Cindy Sherman e Francesca Woodman.

Le fotografie della Fabbricino sono le schegge di un mosaico in grado di creare un ponte tra il conscio e l’inconscio, disarticolando la realtà, accendendo il mondo dei sogni, libero, deforme, irrazionale. Un mosaico che sedimenta progressivamente la tensione di ricerca, il rispecchiamento, l’analisi e la liberazione dalle sovrastrutture che condizionano il pensiero. Alla ricerca di una sua forma, l’immagine si libera del corpo, rappresenta performativamente un’identità in continuo mutamento, in sintonia con lo sguardo riflessivo, forma surreale, che fonde animale e minerale, naturale e artificiale, come le creature dei dipinti di Hieronimus Bosch.

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