Ciro Battiloro
Ciro Battiloro nasce a Torre del Greco, in provincia di Napoli, l’11 ottobre 1984. Frequenta i suoi studi diplomandosi al Liceo Classico. Li prosegue iscrivendosi alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Federico II di Napoli, interrompendoli, però, poco prima della fine, per dedicarsi ai suoi interessi. Si dedica alla fotografia iniziando a scattare sin dall’inizio con supporti analogici, prediligendo il genere documentaristico e di reportage.
La sua attività fotografica può definirsi "reportage sociale" in quanto il soggetto dei suoi lavori sono le persone rappresentate nei momenti di maggiore spontaneità e verità: la vita quotidiana.
Ha viaggiato in Africa, Iran, Balcani non tralasciando Napoli e i suoi svariati microcosmi, dai campi Rom ai quartieri popolari, oggetto del suo ultimo lavoro in progress.
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"Sanità"
Ciro Battiloro accoglie quotidianamente i turisti stranieri, ed è tornato – e ritornato – conquistando una fiducia completa e familiare nel rione Sanità a Napoli, sporcandosi le mani in punta dei piedi, affiancando la vita con il secondo occhio e senza violare nessuno, con delicatezza e rispetto.
La fotografia, oggi più che mai, è predona per inclinazione digitale, ferisce e infierisce. Qui è ancora palpitante l’intestino della città, fisicamente o immaterialmente, nella narrazione dei media. A via Cristallini, negli anni Cinquanta, passano i maestri della fotografia di reportage, primo fra tutti, e punto di riferimento assoluto, Luciano D’Alessandro. Ma Battiloro effettua uno scarto inconsueto, la sua produzione si pone in sintonia con un lavoro storico come quello di Lucia Patalano che alla Sanità ha trascorso dieci anni. Il metodo avvia un percorso di conoscenza profondo che in fotografia diventa una carezza che non indulge, essenziale e partecipe, incisiva nel restituire il corpo sensibile incidendolo in bianco e nero, la parte migliore di quella carne che può essere anche bestiale.
Il grandangolo mette al centro la vita nella sua piega intima e dolce. I tratti in bianco e nero di un’umanità perennemente dolente escono dall’ombra del tufo mostrando quelle relazioni intense d’amore, spiazzanti, dolcissime, tra l’occhio e il soggetto, tessendo un legame profondo con la vita e la morte.
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